Il
7 aprile 1944 ingenti forze nazifasciste circondarono
la Benedicta e le altre cascine dove erano dislocati
i partigiani e colpirono duramente i giovani, spesso
impossibilitati a difendersi per la mancanza di un adeguato
armamento e di esperienza militare. Il rastrellamento
proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva.
Molti partigiani, sfruttando la conoscenza del territorio,
riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento,
ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo.
In
diverse fasi i nazifascisti fucilarono
147 partigiani, altri caddero in combattimento;
altri partigiani, fatti prigionieri, furono poi fucilati,
il 19 maggio, al Passo del Turchino.
Altri 400
partigiani furono catturati e avviati alla deportazione (quasi
tutti a Mauthausen), ma 200 di loro riuscirono
fortunosamente a fuggire, mentre i loro compagni
lasciarono la vita nei campi di concentramento.
Il
rastrellamento della Benedicta, che nelle intenzioni
dei nazisti e dei fascisti avrebbe dovuto fare terra
bruciata intorno alla resistenza, non riuscì tuttavia
a piegare lo spirito popolare. Anzi, proprio dalle
ceneri della Benedicta il movimento partigiano, dopo
aver avviato una riflessione anche spietata sugli
errori compiuti, riuscì a riprendere vigore:
la divisione "Mingo", attiva nell'ovadese, ebbe tra
i suoi promotori proprio alcuni degli scampati alla
Benedicta. Altri partigiani continuarono la loro
esperienza in formazioni della Val Borbera e in altre
divisioni partigiane dell'appennino alessandrino.
Nel
1996 il Presidente della Repubblica ha conferito
alla Provincia di Alessandria la medaglia
d'oro al valore militare per l'attività partigiana,
con una motivazione che fa espresso riferimento all'eccicio
della Benedicta come evento emblematico della Resistenza
del nostro territorio.
Dal sito dell'Associazione "Memoria della Benedicta":
Elenchi e nominativi
Caduti
e fucilati nell'ambito del rastrellamento della
Benedicta
Partecipazione della Sez. Dante Di Nanni alla Cerimonia della Benedicta 2014 |
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